KO GALS: le "piccole ragazze" seguaci di Ayumi Hamasaki

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°Emy Chan°
view post Posted on 1/1/2009, 17:13




Il termine "ko-gal" significa letteralmente "piccola ragazza": "Gal" è la storpiatura del termine inglese "girl" (ragazza), "ko" significa piccola. Questa moda è apparsa in Giappone alla fine degli anni '90; le liceali per emulare le loro "idols" preferite (Ayumi Hamasaki e Namie Amuro) hanno iniziato a vestirsi come loro.
Andando avanti nel tempo lo stile si è "evoluto" e sono nati tanti tipi di "Kogals". Si possono riconoscere dal grado di "scurezza" della pelle e dallo "spessore" del make-up, ma la linea di base è la voglia di assomigliare alle occidentali. Le Kogal sono liceali con una sviscerata passione per il trucco pesante, vestiti all'ultimo grido (la marca che va per la maggiore tra le kogals è Albarosa), ovviamente comprati in boutique esclusive di Shibuya e "platforms". Spesso abbinano elementi tipici delle liceali, come l'uniforme scolastica, ad accessori appariscenti come braccialetti, anelli o mollettine.
Le Kogal cercano di assomigliare il più possibile alle ragazze occidentali, quindi fondotinta scuri a volontà per coprire la pelle diafana e tinture per capelli, dal rosso al biondo. Preferiscono un make-up chiaro per dare risalto al colore della pelle, in alcuni tipi di "gals" il trucco deve essere comunque molto appariscente, talvolta con accozzamenti di colore terrificanti. "Para-para" è il loro ballo: è una sequenza particolare di gesti, soprattutto delle braccia e delle mani, eseguiti al ritmo di musica dance (come una 'nostra' "macarena" o la più attuale "aserejè"). Le ganguro si esibiscono davanti alle vetrine e nei luoghi di ritrovo dove viene considerato una specie di segno di appartenenza. GIRL POWER è il loro motto!!

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Giappone, fine anni novanta. Esplode il fenomeno delle kogals, destinato a sconvolgere una società tra le più tradizionaliste del mondo! Come già noto, kogals è un vocabolo che deriva da 'ko-', prefisso giapponese che indica una condizione infantile, + 'gals', slang americano per 'girls', cioè 'ragazze'. Traducibile come 'ragazze-bambine' o 'ragazzine', questo termine indica dunque il rifiuto di diventare parte matura e irrigimentata di una società spersonalizzante.
Vere e proprie ribelli, le kogals adottano un look che mira a distinguerle dalla massa già a una prima occhiata, e persino gli atteggiamenti e il loro linguaggio dimostrano quanto sono orgogliose di andare contro corrente. Una tendenza, questa, che le porta a personalizzare persino le austere divise scolastiche e ad avvicinarsi ai modelli di femminilità europea e afroamericana: quasi tutte le kogals si tingono i capelli e si truccano pesantemente il viso; molte si sottopongono a ripetute lampade abbronzanti per scurire l'incarnato e usano fondotinta, terre e ciprie di tonalità scure.
Il loro modo di abbigliarsi e agghindarsi è sempre appariscente, basti pensare alle calzature con altissime zeppe che portano ai piedi! Curare un look sempre in tendenza, però, richiede dedizione e...denaro!
Non potendo sempre contare su famiglie benestanti o comunque disposte ad assecondare qualsiasi loro capriccio, alcune ragazze intraprendono la strada dell'enjo-kosai, cioè fanno le accompagnatrici per maturi e danarosi signori in cambio di soldi e regali. Più di frequente si limitano a uscire con il cliente, ma talvolta può capitare che la situazione sfoci nel sesso. Certo le gals si sentono sempre padrone della situazione, e sono indubbiamente convinte di far valere il loro potere su uomini disposti a pagare pur di mostrasi in loro compagnia, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di ragazze molto giovani, per lo più adolescenti che frequentano ancora le scuole medie o superiori, quindi spesso immature per un aproccio sensuale in cui manchi del tutto la componente sentimentale. Corrono quindi il rischio di restare per sempre segnate da una simile esperienza e dal giudizio dei ben pensanti.
Fortunatamente non tutte le gals scelgono l'enjo-kosai, preferedo comportarsi come le coetanee 'comuni': svolgono lavoretti part-time per arrotondare la paghetta, ma per farsi assumere sono spesso costrette a tornare almeno del loro colore naturale di capelli, visto che in Giappone l'apparenza continua ad avere una grande importanza, e tingersi la chioma con colori vistosi non è pratica di uso comune!
Le gals amano le firme: abiti e accessori firmati sono però molto costosi, quindi spesso e volentieri si servono presso negozi e grandi magazzini più a buon mercato dove si possono trovare ottime imitazioni e di cui il quartiere di Shibuya è a dir poco pieno. Famosissimi sono il Loft e il 109, quest'ultimo spesso protagonista di molte tavolte assai realistiche del manga di Mihona Fujii. Anche il quartiere di Harajuku è un buon territorio di shopping: in Takeshita Street si possono trovare numerosissimi piccoli negozi dai prezzi abbastanza accessibili. Preso di mira anche il centro culturale e ricreativo Bunkamura e gli esercizi commerciali circostanti.
Un esempio di quanta passione le Gals proferiscano nello shopping, decisamente la loro attività preferita, possiamo trovarlo in Wasabi, film franco-giapponese del 2002 con Jean Reno e Hyoko Hirasue per la regia di Gérard Krawczyk (con la collaborazione di Luc Besson, cui il cinema deve l'indimenticabile Leon). Protagonisti delle vicene sono Hubert (Reno), guarda caso ispettore di polizia, e sua figlia Yumi (la Hirasue), guarda caso una graziosa gal con tanto di capelli rossi. Non ci è dato sapere si tratti di un omaggio a Gals! o di semplice coincidenza, ma certamente il film è divertente - anche se non impegnato e non si prende sul serio - e merita d'esser visto. Per quanto giocoso, Wasabi ha infatti il merito d'aver aperto anche in Europa uno spiraglio sull'universo delle 'ragazzine' alla moda.
Di ben altro genere è il durissimo documentario Bounce Ko-Gals di Masato Harada (regista di Inugami, lungometraggio horror), con Yukiko Okamoto, del 1997 e tuttora inedito in Italia (qst risale alla pubblicazione del 5° volume di Gals, nn so se le cose siano cambiate... nd.Vrauccia): la storia è quella di una ragazza che desidera partire per l'America, ma che viene derubata di tutti i suoi risparmi; trovandosi senza un soldo, segue il consiglio di un'amica e comicia a fare enjo-kosai, ritrovandosi però nel mirino della Yakuza, la mafia giapponese.
Ben più spensierata è dunque l'interpretazione data da Mihona Fujii alle scelte di vita delle gals. Con un'abbondanza di dettagli davvero non comune, raggiunge un realismo d'atmosfera impressionante, accompagnando così il lettore in una passeggiata lungo le strade di Tokyo, dove è piuttosto frequente incontrare ragazze che ballano, spesso addirittura in costume, talvolta allo scopo di pubblicizzare locali o prodotti.
Ran e compagni hanno una vera passione per la Para Para Dance. Non si tratta di un'invenzione della Fujii, ma di un ballo di gruppo diventato un fenomeno di massa, che richiede una particolare coreografia. Un po' come la Macarena, di moda qualche anno fa qui in Italia, con cui musicalmente ha comunque ben poco in comune. La Para Para appartiene infatti a un genere musicale ben lontano sia dai sound latini che da quelli tradizionali e delicati del Paese del Sol Levante: definito eurobeat, è decisamente più vicino ai ritmi, per l'appunto europei, della musica techno.

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Mentre a Londra vanno di moda le feste in divisa scolastica anche per chi la scuola l'ha lasciata da un pezzo, in Giappone le adolescenti Gals farebbero qualsiasi cosa per non doverne indossare una. Le autorità scolatiche giapponesi sono però del tutto intransigenti in proposito, perciò alle Gals non resta che una soluzione: sostituire i loose socks ai calzettoni e arricchire l'uniforme di accessori appariscenti, collane, forcine per capelli colorate, nastri, bracciali e quant'altro. Il tutto condito da unghie smaltate e decorate con disegni floreali o lustrini, e da meches o tinte sui capelli.
Se non esagerano si chiude un occhio sul regolamento. C'è però da dire che le gonne delle divise, generalmente a pieghe, indossate dalle studentesse giapponesi in età da liceo, sono di per sé abbastanza corte da frustrare la voglia di trasgredire di una gal, che sceglie spesso proprio le minigonne quando si trova... in borghese!
In alternativa, vanno benissimo anche gli shorts, magari sopra le pantacalze colorate.
L'essenziale, comunque, è che si tratti di abiti e accessori 'alternativi', che attirino l'attenzione generale, servano a far emergere la gals dalla 'massa' e al contempo ad avvicinarle ai modelli di bellezza occidentali.
Le scarpe e i sandali con la zeppa, i cosiddetti 'zatteroni', sono un vero must tra le gals, che amano questo tipo di calzatura molto più del classico tacco a spillo, che pure non disdegnano.
Le ultime tendenze sembrano comunque avviate ad accessori più glamour e discreti, come sandali dal tacco più basso o addirittura senza, purchè allacciati da stringhe incrociate lungo i polpacci, e per quanto riguarda top e pantaloni, c'è chi sceglie un abbigliamento di tipo più sportivo e ispirato alle tutine da aerobica o alle tute da ginnastica con le righe bianche verticali lungo le gambe.
Per essere una vera gal, però, è neccessario avere un occhio di riguardo per le unghie. In Giappone usano molto quelle finte, che si possono utilizzare più volte e che si possono decorare prima dell'applicazione. Se volete provare, si trovano anche in Italia nei reparti profumeria di tutti i supermercati. Una volta che le avrete acquistate, vi basterà seguire i validissimi consigli di Mihona Fujii sulle pagine del volume 3 di Gals!.
Essere gal significa anche fare delle scelte; principalmente occore decidere che tipo di gal diventare, se una semplice ganjiro piuttosto che un ganguro o una gonguro. La questione non è solo estetica come forse si potrebbe credere, così come la scelta non si limita a stabilire se si stia meglio con i capelli mechati piuttosto che rossi o castani: per essere una gonguro occore una dose di esibizionismo di cui probabilmente una ganjiro non ha bisogno.
Procedendo per gradi, le gal definite ganjiro sono quelle in assoluto meno appariscenti. Usano schiarire o mechare i capelli, e magari calcano un po' sul trucco, ma mantengono la pelle del colore naturale. Definita "bianchetta" della tre fastidiose 'sorelle ganguro', la nostra Ran rientra senz'altro nella definizione di ganjiro.
Le ganguro tingono i capelli di colori castano chiaro o biondo per accentuare la tonalità della pelle, scurita da fondotinta, terre o lampade abbronzanti.
Le gonguro hanno invece la pelle molto scura e si costringono a veri e propri tour de force quanto a lampade e lettini abbronzanti, e perchè tanto sforzo risulti il più evidente possibile, portano i capelli non semplicemente biondi, ma addirittura bianchi, persino argentati, con o senza permantente. Anche il loro trucco è molto chiaro, e la scelta di rossetti, ombretti e glitter bianco-perlati garantisce effetti talvolta davvero schockanti, anche perchè tanto lontani dai modelli estetici orientali che siamo abituati ad ammirare.
Ma più ancora che per l'aspetto, le gals e le loro comitive di amici amano distinguersi attraverso il linguaggio.
Il loro è detto kogyaru-go (che, letteralmente, significa proprio 'modo di parlare delle kogals'), e la conoscenza della lingua inglese non è neccessaria alla creazione di piacevolezza acustica che sul significato; fatto sta che le gals usano continuamente parole inglesi, spesso e volentieri fuse a termini giapponesi anche sinonimi, per rafforzare il significato di quel che intendono esprimere. Ne è esempio il bizzarro termine kawaiicute, dove si fondono il giapponese kawaii all'inglese cute, entrambi vocaboli che significano 'carino', 'grazioso'.
Addirittura, per indicare le persone che si atteggiano allo stesso modo di determinati idol, sono stati coniati termini che comprendono il nome dell'idol seguito dal suffisso inglese 'er'. Con certi nomi ha un suono davvero stranissimo e di certo farebbe tutt'un altro effetto, anche se c'è da dire che in molti considerano fastidioso anche il modo di parlare delle gals (a me però super-piace!! E' troppo stupendosoo!! *O* nd.Vrauccia). D'altronde si tratta di un modo come un altro per sentirsi più vicine alla cultura occidentale, perchè anglofono è cool, è trendy, e sembra che i ragazzi (inteso come maschietti) apprezzino... e se le contendano.
Meno romantico constatare come talvolta le Gals siano da considerarsi come dei veri e propri capibanda. Le più carismatiche tra loro si spartiscono il territorio, talvolta espandendo la propria influenza finoa conquistare virtualmente anche un intero quartiere e impedendovi l'accesso alle rivali indesiderate col loro atteggiamento di sfida: usano sostare, chinate come teppiste (sì, in Giappone questo è considerato disdicevole), nel bel mezzo delle strade, come giovani leonesse in procinto di balzare su una preda...




SHIROGAL

Le Shirogal sono le gals piu' normali di tutte, si truccano con colori chiari e vivaci (ad esempio rosa, arancione, ...). Per vestirsi s'ispirano un po' ad Ayumi Hamasaki, una delle piu' famose J-pop del Giappone. Trovare foto delle Shirogal è difficile, perchè a differenza delle altre gals non si fanno vedere cosi' tanto^^

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naitsirk23
view post Posted on 1/1/2009, 17:43




Si, sapevo che le gals erano nate cercando di assomigliare a Namie Amuro (perchè in quel periodo Namie era molto scura di pelle e si accompagnava con persone di colore). Di ayumi non lo sapevo e non vedo nemmeno cosa c'entrino le sue foto che hai postato XDDD
Grazie per l'immenso post illustrativo ^^
 
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°Emy Chan°
view post Posted on 1/1/2009, 17:49




xkè erano belleXD
no xkè nn avevo foto di kogals...e allora visto che c'è scritto molto e ad uno viene l'orchite se deve stare a leggere tt, ho pensato che spezzando con alcune foto di Ayu, l'articolo sarebbe stato più piacevole......=_='''
 
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naitsirk23
view post Posted on 1/1/2009, 18:19




hai fatto benissimo XD
 
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dysdafne
view post Posted on 19/1/2009, 20:36




XD cmq perché le jappiche devono per forza estremizzare? ti piace aparire + occidentale? ok ma nn così XD mica sono tutte famose eh... cmq immagino che a Tokyo nn spicchino + di tanto XD
 
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4 replies since 1/1/2009, 17:07   2420 views
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