Rei (saluto), nelle arti marziali

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naitsirk23
view post Posted on 21/5/2008, 20:59




Rei (saluto), nelle arti marziali

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l Rei è un importante aspetto del modus vivendi orientale, è «la norma più importante della vita sociale secondo il confucianesimo»; può esser identificato con la ritualità ed in particolar modo con l’etichetta e la cortesia da cui deriva la parola reigi 礼儀 (composta dai kanji REI e GI, quest’ultimo col significato di “convenzione o obbligo sociale”). Per estensione rei ha assunto il significato di ringraziamento, saluto e - nello specifico - inchino (in giapponese keirei 敬礼). Il rei è un concetto fondamentale per tutte le arti marziali di origine giapponese in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità. Il rituale del saluto è semplice nella sua forma esteriore, ma molto complesso nel suo aspetto interiore; è una presa di coscienza di se stessi, dei compagni, della palestra e dell’arte che si sta per praticare e non deve mai diventare un automatismo, un’abitudine o un obbligo imposto dal maestro. Il saluto non simboleggia una superficiale manifestazione di educazione, ma un lavoro completo sulla persona: la ricerca di una migliore adesione alla via (Dō 道). Il praticante, attraverso il saluto, si predispone correttamente  all’allenamento, che richiede pazienza, umiltà e controllo dei propri sentimenti , e dunque un lavoro disciplinato, costante e diligente. Questo è lo spirito della via marziale: l’umiltà è un atteggiamento  che bisogna assumere nella vita, la prima lotta che bisogna vincere è quella contro la propria presunzione.

Come viene fatto


La complessità simbolica del saluto implica, in senso posturale, l’allineamento perfetto del ventre, del busto e della testa, centri, rispettivamente, della volontà, dell’emotività e dell’intelletto. La posizione del saluto è inizialmente verticale ed esprime la “via spirituale”; si inclina poi orizzontalmente, ad indicare la “via materiale”; tanto più è profondo l’inchino tanto maggiore è rispetto portato nei confronti di chi lo riceve. Dal punto di vista tecnico il saluto può essere collettivo o individuale, effettuato in piedi (ritsurei) o in ginocchio (zarei). Al momento di entrare nel dōjō bisogna salutare con un inchino discreto e sincero rivolto alla “sede superiore” (kamiza) e lo stesso inchino deve essere eseguito ogni volta che i praticanti si pongano di fronte o eseguano un esercizio di forma (kata).

Ritsurei - saluto in piedi


Il saluto in piedi (ritsurei, 立礼 in giapponese) deriva dal saluto consuetudinario giapponese e viene eseguito unendo prima i talloni, mantenendo il busto e la nuca ben eretti e portano le mani con le dita tese e serrate lungo le cosce; questa posizione va mantenuta fino a che lo stato d’animo si sia fatto calmo e consapevole, quindi si piega poi in avanti il busto ed infine si torna in posizione eretta, «molti istruttori raccomandano di non piegarsi troppo in avanti in maniera da far vedere la nuca alle persone che si trovano davanti.

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Zarei - saluto in posizione inginocchiata


Quando sta per cominciare la lezione gli allievi si allineano per grado (il grado più alto all’estrema destra) lungo la “sede inferiore” del dōjō (shimoza 下座) mentre il maestro è solito sedersi di fronte a loro nella “sede superiore”. Dopo che il maestro si è seduto o da il comando gli allievi, dal grado più alto al più basso, si siedono nella tradizionale posizione di seiza 正座. Per mettersi correttamente in questa posizione bisogna prima piegare la gamba sinistra ruotando leggeremente a destra col busto, quindi seguire con la gamba destra; gli alluci restano a contatto o si incrociano mentre i talloni, rivolti verso l’esterno, formano un incavo in cui ci si siede; la schiena è dritta e la testa eretta, le spalle sono rilassate e le mani sono appoggiate sulle cosce coi palmi in basso e le dita rivolte verso l’interno, le ginocchia sono aperte in modo naturale - generalmente distanziate da due pugni - e determinano la stabilità della postura. Il praticante deve tenere la colonna vertebrale diritta per potere respirare in modo corretto. In arti marziali in cui si indossa uno hakama, come il kendo o l’aikido, bisogna stare attenti che questo rimanga in ordine anche quando si è seduti; inoltre nel kendo lo shinai va appoggiato sul lato sinistro con l’impugnatura verso avanti e la tsuba all’altezza del ginocchio.Dalla posizione di seiza è possibile la pratica della meditazione (mokusō 黙想), seguita nel più profondo silenzio per consentire il raggiungimento dell’armonia e della concentrazione; uno degli elementi essenziali di questa cerimonia si esprime nell’immobilità fisica e nel silenzio, che permettono di spogliarsi delle proprie preoccupazioni e di farsi ricettivi agli insegnamenti impartiti dal maestro.Sempre dalla posizione di seiza è quindi eseguibile l’inchino detto zarei 座礼. Si esegue appoggiando sul terreno di fronte a sé prima la mano sinistra e poi la destra con i palmi in basso e le dita serrate e rivolte leggermente verso l’interno, quindi si esegue un inchino in avanti senza sollevare i fianchi dall’incavo dei calcagni. Questa ritualità è il retaggio della casta dei samurai e, in caso di necessità, permetteva loro di sguainare agevolmente la spada anche da una posizione così svantaggiata; inoltre la «tradizione marziale narra che nessun guerriero degno di tal nome abbassava la testa al punto di perdere di vista le mani della persona che gli stava di fronte, esponendosi così ad un attacco improvviso ed imparabile»Le espressioni verbali che precedono l’inchino vero e proprio sono solitamente scandite dall’allievo più anziano (senpai 先輩), seduto a capofila all’estrema destra degli allievi, e possono variare a seconda delle circostanze e possono essere:

* «Shōmen ni rei», il saluto allo shōmen 正面, ossia il lato anteriore della palestra, ed esprime la riconoscenza dei praticanti per il karate. Il suo significato riposa sul principio filosofico che l’uomo debba rivolgersi a qualcosa di più grande ed importante di lui prima di dedicarsi alle cose mondane.
* «Kamiza ni rei», il saluto al kamiza 上座, ossia la sede superiore del dōjō; è una variante del precedente.
* «Shizen ni rei», il saluto rivolto al kami 神, solitamente si tratta dello spirito (o degli spiriti) protettore del dōjō, dell’altare o degli antenati; concetti chiramente legati alla tradizione shintoista.
* «Sensei ni rei», il saluto al maestro (sensei 先生).
* «Senpai ni rei» il saluto all’allievo più anziano, che sostituisce il maestro quando quest’ultimo non è presente.
* «Shihan ni rei» o «Hanshi ni rei», i saluti al maestro superiore, altamente onorato: shihan 師範 ed in particolare hanshi 範士 son titoli speciali riservati a maestri di livello (dan) molto elevato ed esterno dalla gerarchia della scuola, che insegna nel dōjō solo in rare circostanze.
* «Otagai ni rei», il saluto reciproco che simboleggia l’unità ed esprime il rispetto che si deve agli altri.

Solitamente ci si limita a due o tre di questi saluti.
Alla fine di ogni inchino si torna in posizione di seiza riportando sulle cosce prima la mano destra e poi la sinistra; a conclusione dell’ultimo saluto - solitamente il reciproco - il maestro si alza ed all’ordine «kiritsu 起立» è seguito dagli allievi. In alcune palestre si torna alla posizione eretta rapidamente, con intenzione ed energia, mentre in altre lo si fa segunedo all’inverso il rituale col quale ci si è seduti. In arti marziali che prevedono l’uso di un’armatura come il kendo o il naginata-do, l’armatura viene indossata dopo il saluto rimanendo in posizione di seiza. In alcune palestre di Karate dopo il saluto vengono enunciate le cinque regole del dōjō. La filosofia racchiusa nel saluto si radica durante l’esercizio e deve estendersi a tutti gli aspetti quotidiani. Il rei offre un’occasione di riflessione ad ogni praticante circa il comportamento da tenere verso gli uomini e verso la vita.Il saluto è l’essenza del rispetto ed il rispetto è l’anima dell’arte marziale: se andasse perso, lo sarebbe anche il valore dell’arte marziale. (fonte wikipedia)

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Curiosità


In special modo nel karate il saluto è spesso accompagnato dalla parola “osu” (pronunciata oss). Originariamente si tratta dell’abbreviazione del termine “ohayō gozaimasu” (equivalente al nostro “buongiorno”), successivamente adattata ai kanji 押忍 (osu, per l’appunto) il cui significato si potrebbe sommariamente tradurre con “sopportare e controllare sé stessi” o “tollerare controllandosi”. Questa espressione viene usata in palestra quando si salutano i compagni o il maestro, o quando si manifestano approvazione e conferma; trasmette, inoltre, un importante messaggio: il rispetto per l’arte e per la via, la voglia di superare sé stessi mettendo da parte l’io a favore del fine ultimo.

credits: youkosoitalia
 
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dysdafne
view post Posted on 7/6/2008, 20:03




bello interessaantoso
 
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naitsirk23
view post Posted on 7/6/2008, 20:10




impara impara così poi applichi XDDDD
 
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dysdafne
view post Posted on 7/6/2008, 20:39




nn credo ci voglia la laurea ma tanto poi ci se ne scorda: in italia nn si usa e a forza di nn farlo lo dimentichi
 
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3 replies since 21/5/2008, 20:59   889 views
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